Lo scavo

L’area del santuario-tofet si trova a Nord dell’insediamento romano e su un modesto risalto morfologico il cui lato occidentale è delimitato da un dislivello naturale, che si caratterizza come una piccola vallecola, probabilmente originata da un corso d’acqua minore non più attivo. Il settore meridionale dell’area indagata invece è delimitato da un’incisione fluviale più marcata, occasionalmente attiva durante i periodi di pioggia. La litologia del sottosuolo è caratterizzata da alternanze di ghiaie e sabbie e da tipici depositi alluvionali. Il substrato affiorante è principalmente di matrice limosa, con presenza di ciottoli sparsi di dimensioni variabili.

Le indagini sono state avviate nel 200720 con un duplice intervento: la prospezione della collina dove era ubicato il luogo di culto e due sondaggi. Il Sondaggio 1, mirato a mettere in evidenza la completa stratigrafia del campo di urne, e il Sondaggio 2, destinato a verificare l’estensione del santuario a Nord, oltre un muro moderno che delimita due diverse proprietà.

Riguardo alla ricognizione21, la raccolta dei materiali è stata organizzata per quadrati. Si è quindi predisposta una quadrettatura del pianoro, con quadrati di 5 m di lato nominati in ordine alfabetico secondo l’asse delle ordinate (A, B, C, D, ecc.) e in ordine numerico secon­do l’asse delle ascisse (1, 2, 3, 4, ecc.) (Fig. 3).

Considerando che il settore Nord-Est del pianoro è coltivato e quindi non ricognibile, sono stati realizzati 80 quadrati per un totale di 2000 m2 sottoposti a indagine su una superfi­cie complessiva di 2547 m2 (Figg. 4-5). Per ogni quadrato si è proceduto a una raccolta siste­matica del materiale di superficie, che è stato lavato, siglato, quantificato e infine classificato.

I dati salienti provenienti dalla ricognizione possono riassumersi nei seguenti punti: a) concentrazione maggiore dei materiali nel settore occidentale, quello in cui è ubicato il tofet, e nel settore orientale, esclusa l’area coltivata non accessibile all’indagine, mentre minore al centro; b) frequentazione del pianoro concentrata prevalentemente fra il II sec. a.C. e il II sec. d.C. (Fig. 6); c) presenza di edifici di dimensioni ragguardevoli sia nel settore orientale del pianoro sia immediatamente a Sud del tofet. Queste aree monumentali sono state suc­cessivamente oggetto di indagine da parte di Fabio Fabiani, come indicato più avanti nella trattazione.

I sondaggi sono stati eseguiti sotto la direzione congiunta di Nabil Kallala e Ida Oggia­no. Per quel che concerne il Sondaggio 1, lo scavo ha messo in luce un’area di deposizioni (6 x 3 m) caratterizzata da urne alloggiate in ciste litiche talvolta accompagnate da stele. Quest’ultime sono tutte rivolte verso Est e risultano spesso allineate, dando l’impressione di un tentativo di organizzazione dello spazio, almeno per gruppi, che dovrà essere attentamente analizzato, anche se non mancano deposizioni isolate che sembrerebbero non corrispondere a un’occupazione programmata dell’area (Fig. 7).

Tali considerazioni, tuttavia, devono tenere conto della presenza delle numerose spolia­zioni, realizzate soprattutto in epoca moderna, che hanno interessato tutta l’area indagata provocando una forte alterazione della situazione originaria, con l’asportazione di stele e urne e la completa o parziale distruzione delle ciste litiche.

Partendo dall’obiettivo di musealizzare il santuario, che offre nel suo insieme al visitatore uno spettacolare colpo d’occhio, si è deciso di non procedere all’asportazione delle deposizio­ni più antiche del sondaggio, riservando ad altri settori dello scavo la possibilità di indagare le fasi più arcaiche del campo d’urne.

Riguardo al Sondaggio 2, immediatamente sotto il muro moderno, che ha restituito al­cuni frammenti di stele decorate, è stata individuata una struttura muraria più antica, non databile in quanto non sono ancora stati scavati gli strati che vi si appoggiano e quelli sui quali si fonda, ma che potrebbe essere in relazione con un limite del santuario. Nella struttura è inglobato un fusto di colonna. In considerazione del fatto che tale muro costituisce, con la sovrastante struttura moderna, un limite di proprietà, esso è stato rilevato e fotografato per poi essere ricoperto con una struttura ricostruita con analoghi materiali.

A partire dal 2009 la direzione delle attività è stata assunta congiuntamente da Nabil Kal­lala e Massimo Botto, i quali hanno deciso di dividere la parte occidentale del pianoro, deno­minata convenzionalmente “Zona A”22, in due settori. La scelta è stata motivata dai risultati ottenuti nel corso della campagna del 200823, che hanno portato all’individuazione a Sud del campo di urne di strutture murarie, che presentando un andamento Est-Ovest dividevano di fatto l’area indagata in due bacini stratigrafici distinti (Fig. 8), interessati comunque da continui lavori edilizi che attestano la lunga vita dell’area sacra.

Le operazioni di scavo e documentazione sono proseguite congiuntamente fra i colleghi tunisini e quelli italiani. Con riferimento alla parte italiana, il settore settentrionale relativo al santuario-tofet è stato oggetto di indagine dall’allora ISCIMA (ora ISMA)24, mentre quello meridionale è stato indagato da Fabio Fabiani dell’Università degli Studi di Pisa, coadiuvato sul campo da Sarhane Chérif e Mounir Torchani. I risultati preliminari di quest’ultimo sca­vo25 documentano un’intensa attività edilizia che si sviluppa a partire dalla fine del II/inizio del I sec. a.C. e prosegue senza soluzione di continuità in epoca romana, anche quando, nella prima metà del I sec. d.C., al culto di Baal Hammon si sovrappone quello di Saturno, come attesta la documentazione epigrafica.

Passando al santuario-tofet, si è deciso di ampliare l’area di scavo ad Est, verso il centro della collina (Fig. 9). Le indagini, dirette da Yamen Sghaïer, hanno avuto esito positivo, di­mostrando un’estensione del campo d’urne ben oltre i limiti ipotizzati inizialmente.

Grazie alle ricerche avviate nel 2012, purtroppo momentaneamente sospese a causa degli eventi geopolitici che hanno interessato di recente la Tunisia26, si è potuto individuare uno degli ingressi al santuario-tofet e il percorso basolato ad esso collegato, che doveva servire un’ampia parte del campo d’urne. Di tale impianto monumentale, l’accesso (US 17) era ubicato sul versante occidentale dell’altura e risulta composto da una scalinata posizionata all’interno di due elementi strutturali (Fig. 10). Il primo, posto a Nord (US 720) e poggiante direttamente sul banco di roccia naturale, risulta legato con malta biancastra. Verso Sud, in­vece, un legante di colore giallastro isola un’ulteriore struttura (US 724) di forma circolare, che potrebbe essere interpretata come fondazione per un segnacolo (Fig. 11)27.

Tale complesso aveva funzione sia di accesso monumentale all’area sacra sia di conteni­mento, in quanto posizionato sul lato in cui il pianoro degrada verso l’alveo di un torrente attualmente non più in attività. Le indagini hanno inoltre permesso di distinguere in relazio­ne alla parte centrale di tale complesso un passaggio articolato in tre gradini (US 725) in asse con un percorso basolato che si sviluppa all’interno del santuario (Fig. 12).

Purtroppo la continuità fisica tra le due evidenze è interrotta dalla presenza dalla fossa di spoliazione moderna – US 150 (Fig. 10). L’osservazione e il rilievo della parete orientale dell’escavazione ha permesso di constatare che l’impianto del sentiero si fonda sull’US 751. La parete stratigrafica (Fig. 13, alto e basso) ha evidenziato: il taglio di fondazione più largo della posa dei basoli (– US 726); una prima stesura di pietre come preparazione del percorso (US 254); uno strato marrone scuro a matrice limosa con piccoli inclusi litici con funzione di legante (US 728); la lastricatura superiore (US 485) e infine uno strato sabbioso marrone chiaro con inclusi litici (US 727), ultimo riempimento del taglio di fondazione del percorso lastricato.

Quest’ultimo attraversa un’ampia sezione dell’area sacra (Fig. 14). In effetti, alcuni basoli sono documentati ben oltre il Settore Nord, in quello che è stato indicato come “Ampliamen­to Est”.

La strutturazione e l’orientamento del percorso basolato sono stati riconosciuti grazie all’individuazione di una serie di elementi litici di grandi dimensioni posti di piatto. Questi ultimi sono visibili sulle stratigrafie esposte e sul fondo di alcune ciste litiche indagate nella campagna del 2010 e non ancora rimosse (Fig. 15).

L’importanza del percorso è inoltre confermata dalla sua larghezza, che in alcuni punti supera il metro, e dall’utilizzo di pietre di notevoli dimensioni lavorate in modo accurato. In un momento successivo alla messa in opera del sentiero sono state impostate una serie di ciste litiche, che gli si addossano o sovrappongono, defunzionalizzandolo.

Il primo caso è ben visibile in corrispondenza della fossa di spoliazione – US 150, il cui svuotamento ha portato alla messa in luce della coppia di ciste litiche UUSS 591 e 482 (Fig. 16). La prima di tali evidenze strutturali, fortemente intaccata dall’azione degli scavatori clandestini, risulta posteriore all’impianto del sentiero, dal momento che vi si appoggia con la sua lastra orientale (Fig. 17).

Il percorso si presenta integro sino all’altezza della cista litica US 490, la cui realizzazione determina però il restringimento del basolato (Fig. 18). La cista litica si imposta infatti su una grossa pietra posta di piatto pertinente alla preparazione US 254. Tale situazione presuppone l’asportazione di una lastra del sentiero che in quel punto si restringe. L’altro basolo infatti, messo in luce nella campagna 2010 e pertinente all’US 485 (Fig. 19), risulta ancora funzio­nale, dal momento che la cista litica US 480 non lo oblitera, ma vi si appoggia con una delle sue lastre.

La completa defunzionalizzazione del sentiero si realizza poco più ad Est, in corrispon­denza delle ciste litiche UUSS 475 e 406 (Fig. 20). La loro messa in opera deve aver causato, infatti, la totale asportazione della lastricatura. Nel caso della cista US 406 la preparazione del sentiero è visibile sul fondo della struttura, mentre lo scavo della cista US 475 non ha evidenziato sul fondo la residualità di pietre di preparazione: tale struttura deve dunque vero­similmente collocarsi a un livello più alto della precedente.

In seguito a tali trasformazioni si può ragionevolmente supporre che la frequentazione di questo settore del tofet sia avvenuta utilizzando percorsi alternativi di minore visibilità archeologica. In via teorica si può ipotizzare una strutturazione di passaggi ortogonali all’asse principale, posizionati tra gli allineamenti di ciste litiche sopra descritti e realizzati con un battuto pavimentale del quale si conservano ancora sporadici lacerti, che a causa del forte degrado risultano però di difficile individuazione.

Le indagini hanno permesso di mettere in luce altri basoli pertinenti al percorso princi­pale, che doveva servire un’ampia porzione del santuario, dal momento che la sua estensione supera i limiti di scavo, interessando, come precedentemente osservato, l’Ampliamento Est.

L’esplorazione delle strutture sopra esaminate ha permesso di evidenziare una fase di par­ticolare fermento delle attività edilizie all’interno del santuario, durante la quale il tofet viene dotato di un accesso monumentale e di un ampio e comodo percorso basolato. Da quest’ul­timo si doveva diramare molto verosimilmente una rete secondaria di sentieri di più modesta entità, in grado di raggiungere però tutte le deposizioni del campo d’urne, comprese quelle più isolate e periferiche.

Proporre una cronologia per l’impianto e la successiva defunzionalizzazione delle atti­vità sopra descritte non è facile. In effetti, le numerose fosse di spoliazione di epoca antica e moderna interrompono in più settori la continuità degli strati, imponendo cautela nelle corrispondenze e nelle relazioni stratigrafiche fra i vari settori del santuario. Le campagne di scavo che si sono svolte fra il 2007 e il 2012 hanno cercato, quando possibile, di ricostruire il paesaggio del santuario e la sua diacronia. Procedendo dalle attività più recenti si distinguo­no: 1) le spoliazioni e l’ultimo periodo di frequentazione dell’area sacra; 2) almeno quattro fasi di strutturazione delle deposizioni e accrescimento dei livelli del santuario; 3) l’imposta­zione dell’accesso monumentale e del percorso basolato; 4) alcune fasi di organizzazione delle sepolture e dello spazio funerario, come evidenziato sin dal principio dal Saggio 1 e quindi dalle successive attività di scavo.

Il materiale ceramico diagnostico risulta purtroppo alquanto limitato, non potendo rien­trare in esso le numerose urne rinvenute all’interno delle ciste litiche, che essendo in ceramica comune presentano una vita molto lunga e quindi poco indicativa per la datazione delle differenti fasi di vita del santuario. Fortunatamente, grazie all’individuazione di un numero seppur limitato di frammenti ceramici diagnostici, riconducibili per corrispondenza stratigra­fica alla fase monumentale sopra descritta, è possibile proporre una fruizione delle strutture di accesso e di viabilità interna del santuario ancora alla fine del I sec. a.C. Ad una fase immedia­tamente successiva è possibile riportare la defunzionalizzazione di una parte consistente del basolato, ostruito da deposizioni che hanno definitivamente obliterato il percorso originario.